IPA – Modelli d’esercizio e loro intensità
L’esercizio dovrebbe essere prevalentemente dinamico e utilizzare la gambe e le braccia insieme. Il modo più semplice per pazienti giovani e attivi è la passeggiata continua o intervallata. Un’altra modalità utile per compiere attività è l’ergometro statico. I pazienti possono usare il tradizionale cicloergometro, il treadmill o l’ergometro da sci da fondo. Altre forme d’esercizio dinamico possono essere la danza aerobica moderata, la ginnastica ritmica, il nuoto. E’ chiaro, tuttavia, che per meglio quantificare e dosare gli allenamenti è preferibile l’utilizzo di ergometri nei quali sia facile calcolare distanza percorsa, wattaggio espresso, velocità e frequenza cardiaca.
In una revisione di 12 casistiche recentemente pubblicata l’effetto antiipertensivo risultava essere maggiore e più persistente con un esercizio moderato (50% VO2max) che con uno di elevata intensità (75% VO2max) e si rilevava una maggiore protezione nei confronti della coronaropatia con un’attività fisica moderata rispetto a una vigorosa.
Effetti notevoli sono stati osservati anche in pazienti con ipertensione grave che richiedeva una politerapia; in questo studio, condotto su un gruppo di uomini neri con ipertensione grave, la PA era inferiore anche con una considerevole diminuzione delle dosi di farmaci e la massa ventricolare sinistra era diminuita dopo 16 settimane di esercizio aerobico regolare.
Dal momento che la PA sistolica aumenta durante l’esercizio e che un brusco rialzo pressorio al momento del risveglio è associato a una maggior incidenza di eventi cardiovascolari, sono stati sollevati dubbi sull’attività fisica eseguita al mattino. Tuttavia, anche in pazienti con coronaropatia nota non è stato osservato un numero maggiore di eventi se gli esercizi erano effettuati al mattino invece che al pomeriggio.
L’intensità del training aerobico dovrebbe quindi iniziare a un livello moderato, pari al 50-65% del VO2max stimato. L’intensità può essere aumentata in un periodo di 4-6 settimane fino a un livello stabile pari al 60-70% del VO2max.
Il lavoro aerobico controllato comprende una fase di riscaldamento iniziale (warm up) di 5-10 minuti nella quale vengono eseguiti esercizi a corpo libero di mobilizzazione articolare e di stiramento muscolare, oppure un lavoro al minimo carico di resistenza (per esempio pedalare sul cicloergometro con minima resistenza o camminare sul treadmill a pendenza 0% e velocità “di conversazione”). Questo è di particolare importanza negli ipertesi per ottenere una buona vasodilatazione a livello muscolare.
La fase aerobica dovrebbe coprire un minimo di 30-40 minuti all’intensità prescritta. Il training di resistenza o continuo (endurance) è la forma più usata e preferita all’esercizio intermittente (interval training) perché consente il massimo incremento della capacità aerobica; sono preferite le attività con componente dinamica effettuate mediante cicloergometri, ergometri a braccia, tappeti scorrevoli.
Segue una fase di defaticamento o recupero (cool down) al 50% del VO2max che conclude la sessione.
Dato che la maggior parte degli esercizi cardiovascolari interessano la muscolatura degli arti inferiori e vengono eseguiti in posizione eretta, il sangue tende a raccogliersi a livello delle estremità inferiori dopo la cessazione dell’esercizio. Perciò bisogna incoraggiare il paziente a continuare a svolgere esercizio e diminuire la velocità o la potenza espressa in modo graduale durante il periodo di raffreddamento.
L’ipotensione post-esercizio è particolarmente evidente dopo l’attività con la cyclette.
Un’attività fisica che continui anche durante il periodo di raffreddamento riduce pure il rischio di aritmia. Infatti i livelli plasmatici di catecolamine tendono a salire in modo marcato durante l’immediato periodo post-esercizio. E’ quindi raccomandabile una stretta sorveglianza durante i primi 15 minuti dal termine dell’esercizio.
La frequenza dovrebbe essere di 3-4 volte alla settimana. Meno di due sessioni è poco utile, più di cinque non da ulteriori vantaggi nel controllo dell’ipertensione arteriosa.
L’incremento progressivo in intensità, durata e modalità di allenamento è funzione di una molteplicità di variabili che rendono difficile la rappresentazione di uno schema guida.
Nel giro di 4-8 settimane si osserva mediamente una riduzione della PA di 10-15 mmHg per la sistolica a riposo e di 5-10 mmHg per la diastolica.
I pazienti con ipertensione a riposo borderline o lieve che non mostrano eccessivo aumento pressorio dopo l’esercizio possono ridurre da soli la loro pressione arteriosa. Quelli con pressioni più alte a riposo o dopo esercizio dovrebbero controllare la loro ipertensione con farmaci prima di intraprendere un programma di training d’esercizio fisico.
Dopo parecchi mesi può essere possibile la riduzione di antipertensivi o addirittura la loro momentanea sospensione.
In alcuni pazienti, tuttavia, il training sembra non dare i risultati promessi. Ciò ha fatto avanzare l’ipotesi che esista un sottogruppo di non responders, che può differenziarsi nelle funzioni neuroendocrine ed emodinamiche basali. Alcuni autori hanno trovato che l’efficienza dei loro programmi di training dipendeva dal valore iniziale della reninemia: nei pazienti con bassa reninemia, dopo 10-20 settimane di terapia d’esercizio si osservava una riduzione pressoria maggiore di quella osservata nei pazienti con reninemia alta. Altri autori hanno evidenziato che i responders alla terapia con esercizio moderato hanno un indice cardiaco più alto, un maggior rapporto tra sodio e potassio e più basse resistenze periferiche totali nel preallenamento rispetto ai non responders.