È frequente utilizzare come sinonimi i termini “broncospasmo da sforzo” e “asma da sforzo”. Ciò non è corretto in quanto il broncospasmo è solo uno dei sintomi della malattia asmatica.
Il BIEF non è presente in tutti i soggetti asmatici, mentre può manifestarsi anche in soggetti con solo atopìa generica, o anche essere l’unica manifestazione di un’asma asintomatica.
Lo sforzo muscolare, per essere capace di provocare un broncospasmo deve rispondere a requisiti fondamentali quali:
- impegno aerobico continuo
- intensità almeno submassimale
- durata sufficiente (6-8 minuti)
Prevenzione del BIEF
A seguito dell’incremento della ventilazione la mucosa bronchiale aumenta la cessione di acqua per evaporazione. Se non si ripristina un sufficiente reintegro dei liquidi, a partire dal versante ematico sottostante, aumenta la concentrazione dei soluti nel liquido periciliare e le stesse cellule, disidratandosi allentano le giunzioni intercellulari.
Sia la iperosmolarità cellulare che l’esposizione delle terminazioni nervose juxtaepiteliali sono stimoli sufficienti al rilascio di neuromediatori vasoattivi e broncocostrittori.
Quanto più fredda e secca è l’aria inalata tanto maggiore sarà lo scambio termico a livello delle vie aeree e tanto maggiore quindi l’effetto broncocostrittore. L’inalazione di aria più calda e con un tasso di umidità relativa intorno al 70% (come in piscina) ha un effetto protettivo.
Un asmatico allergico agli acari della polvere risentirà sfavorevolmente dallo svolgere l’attività fisica in ambienti chiusi ove sia presente l’acaro. Per i pollinosici sarà un rischio svolgere la loro attività fisica in primavera in luoghi con vegetazione rigogliosa.
Si consideri inoltre che la reattività bronchiale è stimolata pure da agenti inquinanti come l’anidride solforosa oggi così comune nelle strade cittadine.